La Corona del Re Odontoiatra

Lo sapevi che le cosiddette corone o capsule sono una pratica barbara ed antiquata?

Ponti e corone una volta erano una soluzione inevitabile. Erano l’asso nella manica che i dentisti avevano a disposizione per risolvere molti dei problemi che affliggevano i denti.

Quando per salvarli era oramai troppo tardi, quando i danni erano troppo estesi, quando una parte del dente era però ancora recuperabile, ecco che arrivava la corona: il simbolo del potere dell’uomo sulle malattie della bocca.

Le corone in passato hanno salvato tanti denti che altrimenti si sarebbero di lì a breve sbriciolati o fratturati e poi inevitabilmente estratti.

Ma le cosiddette corone o capsule sono ancora oggi una pratica necessaria ed ascrivibile al grado di eccellenza terapeutica o sono piuttosto un antiquato atto barbarico?

Come simbolo per antonomasia di un’intera categoria professionale, la corona, la troviamo ancora oggi riproposta come logo di molti studi odontoiatrici.

Molti dentisti, infatti, ancora oggi ne utilizzano una qualche forma stilizzata come simbolo del loro studio. Come fosse un marchio di qualità.

Ma cosa c’è dietro l’esclamazione: “eh beh, sa… qui c’è da fare una bella corona!” oppure: “Signora, questo dente va incapsulato.

Questa pratica nel passato ha sempre regalato grandi soddisfazioni ai dentisti e i migliori professionisti del settore ancora oggi la considerano un po’ il loro biglietto da visita.

Il paradigma è sempre stato: il bravo dentista fa una bella corona. Anche se poi a dirla tutta è il tecnico a farla…

La corona protesica è la prova della loro abilità professionale e, per questa ragione, è sempre stata proposta con grande eleganza e ricercatezza nei termini…

Preparare un dente: una prassi che ha dell’incredibile

Quando il dentista vi dice: “Prima prepariamo il dente e poi…” sembra quasi un atto d’amore, e probabilmente è proprio così che lo definirebbe il signor Conte.

Per decenni praticamente ad ogni convegno, congresso o conferenza cui si partecipava si finiva sempre per discutere, anche in modo molto agguerrito, su come fosse meglio preparare il dente.

Le hanno inventate e provate tutte: preparazioni verticali, orizzontali, oblique, smussate, circolari, festonate, sovracontornate, ad angolo retto, a 135,97 gradi…

Ma lasciamoci cullare per un momento dalla delicatezza del termine usato.

Preparazione del moncone… preparazione… che bello, che immagini delicate e amorevoli ci suscita questo verbo: preparare una torta, prepararsi per un’occasione speciale, preparare il figlio per la notte…

Nel nostro caso, invece, preparare significa prendere un trapano e scavare il dente tutto intorno per ridurlo di dimensioni e farne un moncherino.

La leggenda del Re Temperino

Ricordate “La leggenda del re pescatore”, ecco quella che vi voglio raccontare ora è un’altra storia, ma a mio avviso non poi così priva di analogie…

Per darvi un’immagine significativa di cosa realmente sia la preparazione del dente a fini protesici, avete presente i tempera matite, magari quelli motorizzati montati sulle scrivanie dei manager di successo? Immancabili nei film americani…

Ecco supponiamo di avere per le mani un super temperamatite motorizzato che raggiunga i 300.000 giri al minuto e supponiamo che abbia un’imboccatura abbastanza ampia da infilarci dentro un dito.

Bene, ora immaginiamo per un momento di infilarci dentro un nostro dito, magari l’indice, e di spingerlo bene dentro in modo da fare una bella punta.

Raccomandazione per i bambini a casa: NON FATELO!

Sicuramente, con un po’ di immaginazione, avete tutti percepito quanto possa fare male anche solo a pensarci ed ecco perché il dente, ops… scusate, il dito debba prima essere devitalizzato.

De-vitalizzato. Privato della vita. In altre parole… ucciso.

Tooth must die! A differenza del famoso film tratto dal romanzo horror di Stephen King, Misery, qui il dente deve morire!

Ma torniamo ad immergerci nella trama della nostra storia.

Al termine di questo folle atto di masochismo immaginario, lo sfortunato dito si ritrova ad essere più corto e a punta. Un moncone appunto.

Ora che ho preparato il mio dito posso finalmente prendere il puntale da cucito di mia nonna, procurarmi un pizzico di cemento dal cantiere più vicino e cementarmi il puntale sull’estremità di quel moncherino.

Il puntale resterà cementato al mio dito fino a che il mio dito stesso non si infetterà allorché dovrò rimuovere il puntale dal dito e ripetere tutta la proceduta da capo.

E finché avrò dito da grattugiare potrò sempre ripetere questa procedura.

So cosa state pensando, uno non deve stare molto bene con la testa per immaginare una storia del genere, eppure questo è ciò che viene considerato il trattamento d’eccellenza da molti miei colleghi ancora oggi!

A proposito lo sapete che, stando a diverse analisi statistiche apparse negli anni passati, il dentista risulta essere una professione statisticamente propensa al suicidio?

Ecco ora lo sapete.

E potete pure farvi tranquillamente un’idea del perché.

Riprendendo da dove eravamo partiti, se non ci sono altre soluzioni… è ovvio che vediamo di salvare il salvabile. Certo che sì. Non c’è dubbio.

Ma oggi, tornando alla domanda che ci eravamo posti all’inizio, è ancora necessaria questa barbarie, mi chiederete voi.

Per anni le corone sono state un’arma molto utile ed efficace nell’arsenale del dentista, ma oggi?

Oggi vi direi che realizzare una corona ha senso solo ed esclusivamente per rimpiazzare una vecchia corona, quando il dente oramai è già stato rovinato, scusate… preparato, e facilmente è già stato ucciso, o devitalizzato se preferite.

La corona è morta, lunga vita alla corona!

Anche in questi casi, comunque, la corona, oggi, dovrebbe essere concepita in modo totalmente diverso dal passato e, lasciatemelo dire, affrontata anche in modo decisamente più sano. Ma questa è tutta un’altra storia…

Quando parlo di un approccio più sano alla realizzazione protesica di un ponte o di una corona mi rendo conto che non vi ho ancora parlato del vero punto debole di questi manufatti odontoiatrici.

Il punto debole della corona

Per i tecnici e di conseguenza per i clinici, il punto debole della corona classica è sempre stato la cementazione.

Avete presente un muro di mattoni?

La terapia protesica di cui stiamo parlando è molto simile a due mattoni tenuti insieme, ma al tempo stesso separati, dal cemento.

Ecco, allo stesso modo, ovviamente con le dovute differenze, il dente-moncone e la corona protesica restano di fatto due elementi totalmente separati tra i quali viene interposto, a chiudere gli spazi, un terzo elemento: il cemento, appunto.

Di qui nasce infatti l’importanza della precisione con cui il manufatto viene realizzato. Più è preciso, meno cemento deve essere messo.

Mi sono consultato con il mio muratore di fiducia, che peraltro ringrazio, e mi ha confermato che gli stessi concetti valgono anche nell’edilizia.

Di tutto il lavoro, il cemento è il materiale che subisce di più il passare del tempo, e, nel tempo è quello che più spesso cede il passo ai problemi…

Mi vengono in mente le bocche di leone, le piantine di capperi… che crescono nei muri, e, guarda caso, ricordo di averle sempre viste crescere tra una pietra e l’altra.

Nel nostro caso, al posto di fiori e piantine mettiamoci le “sacche” di batteri. Un’immagine decisamente molto meno bucolica ma altrettanto comune, infatti non è poi così raro che, dopo diversi anni, una corona si “scementi” e vada ricementata.

E questo è soltanto l’inconveniente più fortunato perché molte volte il cemento viene infiltrato dai batteri generando una carie sottostante la corona che ci costringe a smontare tutto e rifare tutto il lavoro da capo prima che sia troppo tardi e che il dente si rompa in modo irrimediabile.

Ora invece voglio farvi osservare il problema dal punto di vista clinico, cioè del medico. Per intenderci, dal mio punto di vista come parodontologo.

Partiamo da un dato di fatto: nell’adulto, i problemi sono quasi sempre a livello del passaggio tra dente e gengiva.

Ci avrete sicuramente fatto caso anche voi:

Se parliamo di carie, negli adulti le carie originano quasi sempre in mezzo tra 2 denti (e tra un dente e l’altro c’è la papilla gengivale) oppure originano, diciamo, alla “base” del dente, proprio dove il dente “entra” nella gengiva. Il cosiddetto “colletto”.

Se parliamo di parodontite… be’ per definizione nasce proprio “attorno al dente”: una perdita di osso proprio a partire da quel passaggio dente-gengiva.

Ed è proprio lì, in questa zona di passaggio tra la corona del dente e la gengiva che si annida il vero punto debole delle corone tradizionali.

È proprio lì, nascosto sotto la gengiva che il dentista ha sempre avuto l’ardire di andare a chiudere col cemento il proprio lavoro.

Il “lato nascosto” della corona

La classica corona cementata come ad esempio la corona in metallo-ceramica deve necessariamente nascondere il proprio margine sotto la gengiva non solo per nascondere il sigillo di cemento ma anche per nascondere il suo bordo metallico.

Se la gengiva è sottile, e spesso lo è, il bordo metallico traspare attraverso la gengiva conferendole un orribile colorito bluastro.

Indipendentemente dai materiali utilizzati, quando una corona nasce per essere cementata viene sempre nascosta al di sotto del bordo gengivale e quindi anche la preparazione del dente dovrà di conseguenza addentrarsi in tale profondità. Alla cieca.

L’antica arte di nascondere la corona

Il dente va preparato in profondità ben al di sotto del livello della gengiva per poter andare a nascondere il cemento ed eventualmente il margine metallico della protesi.

Ed è così che la punta diamantata del trapano, che gira ad una velocità di 300.000rps, penetra uno spazio virtuale, cioè di fatto occupato da gengiva, e piccolissimo, profondo circa 2mm e largo 0mm.

Vi sembra possibile pensare che in questa procedura non venga tranciata nessuna di quelle microscopiche fibre connettivali che conferiscono la tipica compattezza che caratterizza la gengiva?

E infatti non è possibile!

La gengiva viene lesionata, esce del sangue e per prendere l’impronta bisogna aspettare 15 giorni.

Non fosse per questa ragione si potrebbe prendere l’impronta subito dopo aver preparato il dente, in un’unica seduta e senza perdere tempo.

Negli anni successivi spesso accade che questa gengiva indebolita si ritiri esponendo in toto o in parte il bordo metallico che con tanto impegno il dentista aveva cercato di nascondere solo pochi anni prima.

Il “terzo” lato della medaglia

E dal punto di vista del paziente?

Oltre ai potenziali inestetismi nel medio periodo, una capsula di metallo, cementata sotto la gengiva, su un dente devitalizzato, che quindi ha perso la sua sensibilità… be’ di certo non è una situazione naturale e di certo non semplifica la pulizia a casa.

La sua manutenzione è di fatto più complessa ed è quindi più probabile che si inneschino, nel tempo, tutti quei problemi di cui, in parte, abbiamo già parlato:

  • colorito bluastro della gengiva,
  • carie e infiltrazioni al di sotto e all’interno della corona,
  • compromissioni della forca radicolare del dente,
  • infiammazione cronica del legamento parodontale ad opera del cemento in eccesso,
  • invasione dell’ampiezza biologica,
  • recessioni gengivali
  • tasche parodontali e piorrea localizzata,
  • contaminazioni del trattamento endodontico,
  • granulomi e lesioni periapicali,
  • metallosi…

Non mi addentrerò ora in una profonda quanto noiosa analisi di ogni singola problematica, ma credo che il solo aver fatto un elenco delle complicanze più comuni, sia sufficiente a capire che oggi il paziente deve poter pretendere qualcosa di meglio.

So che se siete arrivati a leggere fino qua, ora volete sapere cosa c’è di meglio per voi, qual è questa incredibile alternativa che rimpiazzerà di netto la “monarchia protesica” di cui ancora oggi rischiate di essere la prossima vittima.

Ebbene per scoprire questa metodica restaurativa che noi applichiamo con immense soddisfazioni oramai da moltissimi anni, avete 2 possibilità: quella lenta e quella rapida.

Il metodo lento è quello di aspettare “pazientemente”, scusate il gioco di parole, che io trovi il tempo di scrivervi un articolo su questo specifico argomento. E non so quando ma vi prometto che prima o poi lo farò.

Ma io voglio premiare la tua curiosità.

Devi sapere che per aver letto l’articolo ed esserti lasciato/a incuriosire, la prima visita, comprensiva di esame radiografico, per te sarà totalmente gratuita e senza impegno.

La via più rapida è, quindi, quella di contattarci per fissare un appuntamento compilando il form sottostante e inserendo il tuo interesse per questo articolo.

Bene, è finalmente giunto il momento di salutarci e lo faccio augurando a tutti voi un sano sorriso

Dr. Livio Freschini


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Se questa storia in qualche modo ti ha colpito, chiama per metterci alla prova.

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