Testimonianza Giacomo Giorgetti

Amore per il lavoro di dentista

Raccontare la propria “storia odontoiatrica” non è cosa facile, se non altro perché tale storia uno cerca di dimenticarsela il più rapidamente possibile, di solito.

Andare dal dentista è un’esperienza mediamente spiacevole quando non del tutto terrificante o comunque chiaramente ansiogena.

Io non faccio eccezione.

Ho frequentato lo studio Freschini fin dall’età di, credo, sei anni, e visto che sono oltre i quaranta, si tratta di un periodo decisamente lunghetto, durante il quale avrei preferito fare tutt’altro che recarmi dal dentista.

Ma tant’è.

Nell’arco di questi sette lustri (o giù di lì) ho subito – il termine è deliberato nella sua ambiguità – interventi di varia natura, collaudando, sempre mio malgrado, più o meno tutte le poltrone e tutti gli strumenti acuminati presenti nello studio in queste decadi trascorse, senza dimenticare i divanetti della sala d’attesa, unico pezzo del mobilio rimasto invariato nel corso dei decenni, mentre è con sollievo che ho recentemente notato la scomparsa dell’allucinante gigantografia dei dittatori del XX secolo, che troppo a lungo ha angosciato (come se ce ne fosse bisogno) il paziente in attesa.

La mia storia odontoiatrica mono-studio (nel senso che non ho avuto altro studio dentistico all’infuori di questo) include quindi tanto gli “apparecchi” dell’età infantile quanto le estrazioni di quella senile, il bagno di sangue dei denti del giudizio e le innocue visite di routine concluse con un “tutto bene, nessun problema”, e di gran lunga preferibili a qualunque altro scenario. Dal momento che, come spiegavo sopra, si tende a ricordare il meno possibile di quanto accade sulla poltrona del dentista, e poiché non ho alcuna competenza nel ramo odontoiatrico, quel che posso condividere è la mia prospettiva sul lato, per così dire, “umano” (ammesso che i dentisti siano umani) del rapporto dentista-paziente nello studio Freschini.

Ripensando allo scorrere dei decenni e alle mie, ahimè, innumerevoli visite, il tratto saliente che ritrovo è la dedizione del dentista nell’illustrare al paziente la situazione, i problemi esistenti, le soluzioni possibili, un misto di gioia nel parlare del proprio lavoro e di capacità di spiegare e comunicare con chi sta dall’altro lato del trapano (il lato sbagliato, per intenderci).

È nel momento di parlare al paziente che, a mio modo di vedere, traspaiono tanto l’amore per il proprio lavoro quanto il desiderio di condividere le proprie conoscenze con chi, come me e come penso la maggior parte dei pazienti, non ha la competenza tecnica per valutare da sé l’entità del danno (perché se si va dal dentista e questi ha qualcosa da spiegarci, il danno c’è sempre).

Mi pare quindi giusto cogliere l’occasione per ringraziare qui Livio e Franco, che in tutti questi anni (decenni) hanno sempre saputo parlare con me e coinvolgermi nel processo di cura dei miei denti e della mia bocca, ringraziarli del tempo dedicato a condividere con me le loro conoscenze e a chiarire i miei dubbi, senza l’indifferenza e la sufficienza con cui non di rado i medici parlano ai propri pazienti.

È questo, ritengo, l’elemento fondamentale e il segno distintivo dei miei oltre trent’anni da paziente dello studio Freschini.

Un caro saluto. Vado a lavarmi i denti.

Giacomo Giorgetti

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