Ho scoperto che io, come medico, sono un cane.

Recentemente ho rivisto con la mia famiglia il film American Sniper.

Chi ha visto il film, ma in verità anche solo il trailer, sicuramente ricorderà questa magnifica scena cult.

Ecco, proprio questa sequenza mi ha stimolato una riflessione che oggi voglio condividere con voi. 

Se c’è una cosa che questa pandemia ci ha insegnato è questa. 

Ci sono 3 tipi di medici in questo mondo: le pecore, i lupi e i cani da pastore. 

Ci sono medici che preferiscono credere che nel mondo il male non esista e se mai si affacciasse alla loro porta non saprebbero come proteggersi. 

Questi dottori dubitano della loro stessa preparazione medica, dei loro lunghi anni di studi, e affrontano la loro professione assumendo in maniera acritica il comportamento e le scelte dei propri pari:  

“Boh… se lo dicono loro, allora sarà giusto così!” 

Se alla TV hanno detto così, chi sono io per dubitarne?” 

E in un solo istante dimenticano e rinnegano tutto ciò che hanno studiato. 

Quelle sono le pecore. 

E da un giorno all’altro smettono di visitare i pazienti, si reinventano “centralinisti della sanità” e si rendono reperibili solo al telefono adottando il mantra di una prescrizione universale valida per tutti, ma pur senza guardare mai in faccia nessuno:  

“Abbassiamo un po’ la febbre e aspettiamo a vedere che succede…” 

(Per inciso qualunque studente del primo anno di medicina ve lo può dire che succede: la malattia inevitabilmente si aggrava innescando le famigerate complicanze) 

E da un giorno all’altro si propongono come membri di corpi da ballo ospedalieri improvvisati. 

Jerusalema  Jerusalema  Jerusalema  Jerusalema  Jerusalema 

Gridano alla pandemia e lamentano carenza di personale, ma il tempo per imparare un nuovo balletto di gruppo si trova sempre. 

Partecipano con impegno alle prove mentre intorno a loro le persone non riescono letteralmente a respirare, ma è una questione di priorità e l’urgenza è, evidentemente, fare il filmatino e poi finalmente metterlo su TIK-TOK. 

E da un giorno all’altro impongono ai loro pazienti di firmare un consenso informato su cui pende il segreto militare e si lanciano in una gara a chi “puntura” di più. 

Ignorando il doveroso principio medico di prudenza, negano ogni accertamento diagnostico, trascurano l’indagine anamnestica e procedono senza indugio, a mo’ di catena di montaggio, ad inoculare in quante più persone possibile una sostanza di cui non hanno neppure letto il bugiardino, e nemmeno sono a conoscenza delle raccomandazioni dell’AIFA. 

Non possiamo, inoltre, tralasciare che tra le fila di questa categoria si sono nascosti anche quei medici che, pur sapendo la verità, hanno sfruttato i loro agganci professionali per indossare prontamente la divisa del più forte con “l’espediente delle finte dosi”. 

E poi ci sono i predatori opportunisti che usano la loro professione per fare carriera, usano i loro titoli per ottenere posizioni di prestigio. 

Quelli sono i lupi. 

Alcuni di loro ottengono visibilità nei mezzi di comunicazione, rinnegano la loro professione, si pavoneggiano come soubrette, competono tra loro per il ruolo di primadonna e infine puntano ad una carriera politica alla ricerca di ottenere sempre più potere. 

Altri, invece, dilaniati da un forte complesso di inferiorità, ben consapevoli di non essere i predatori alfa, si nascondono dietro le gonne delle istituzioni e cercano di far bella figura agli occhi dei loro capi branco. 

Aggrediscono i titubanti membri più deboli del gregge nel tentativo di fiutare i potenziali pericoli: i veri medici coscienziosi. 

Questi, in verità, assomigliano più a pecore travestite da lupi.  

Avevano giurato di agire in “scienza e coscienza”, si sono erti a paladini della salute pubblica, si sono nominati giudici, giuria e boia nei confronti dei loro pari eppure tutta la loro spocchia cede velocemente il passo alla vigliaccheria quando, messi di fronte alle loro molteplici responsabilità, si difendono dicendo che non è stata colpa loro, stavano solo eseguendo gli ordini che venivano dall’alto. 

(la stessa linea di difesa adottata dagli ufficiali nazisti a Norimberga) 

“E poi ci sono quelli a cui Dio ha donato la capacità di aggredire e il bisogno incontenibile di difendere il gregge. 

Questi individui sono una specie rara, nata per affrontare i lupi.” 

Sono i cani da pastore. 

Poche centinaia di medici italiani hanno dimostrato di appartenere a questa categoria. 

Alcuni di loro sono morti, gli altri hanno perso quasi tutto: il lavoro, la salute, la reputazione, i loro risparmi… ma hanno resistito.  

Per 3 anni hanno subito violenze e soprusi, ma non hanno mai piegato il capo e non si sono girati dall’altra parte.  

Non hanno mai smesso di seguire la via di Ippocrate e la voce della loro coscienza ed è solo grazie al loro esempio che oggi vediamo sempre più giornalisti chiedere spiegazione di quanto successo e sempre più avvocati e giudici chiedere giustizia. 

E concludo infine aggiungendo un’ultima postilla. 

Ci sono poi i medici che all’aggravarsi di un’assurda guerra fratricida, sono tra i primi a lasciare il loro Paese abbandonando i feriti sul campo di battaglia e al loro destino. 

Quelle sono le iene. 

Quasi nessuno di loro ha scelto di fare da cavia alla sperimentazione genica denominata “vaccino” per motivi burocratici e di propaganda. 

C’è infatti chi li definirebbe NOVAX… 

Non hanno l’abilitazione per esercitare la professione medica in Italia e non sono soggetti ad alcun organo di controllo. 

Non capiscono l’italiano e non lo sanno parlare. 

Ma, nonostante tutto ciò, sono stati considerati dalla politica italiana una valida alternativa per sostituire quei medici italiani che hanno scelto di agire secondo coscienza e buon senso. 

La medicina ci insegna che quando il cervello e il cuore smettono di funzionare sopraggiunge la morte e mi chiedo quanto ancora resti da vivere a questo sistema sanitario. 

Come sempre, un sano sorriso a tutti

Dr Livio

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